martedì 3 febbraio 2009

IBIOCAT ECHO ECO - “Ambiente. Taccuino di un perplesso" di Guido Ceronetti

"… Guàrdale, le tue mani: ti sembra possa starci il destino della Terra, il presente, il futuro, l'umanità, tutto? La smisurata realtà dell'inquinamento ormai planetario è un'ustione che non rimediano pomate, e non viene da fuori-uomo, ma da dentro, dalla sua mostruosa incomprensibilità. E l'ustione, nuda anche se mummificata di garze, implora questo, di essere capita. È l'analgesico degli analgesici, che qualcuno ci capisca, lì è la felicità di chi soffre. (…)

Gli appelli a salvare la stessa specie-uomo trovano una sordità perfetta e motivata. All'epoca delle paure dell'Anno Mille, il panico non riguardava per nulla la sopravvivenza della specie, investiva l'homo religiosus che sentiva pesare su di sé, come peccatore, il giudizio divino. La folla erano terrori d'individui, ciascuno per sé soltanto. Bergman, nel Settimo sigillo, ha fotografato questo... Il domani-che-fa-paura, anche in questi Duemila, nel comune sentimento del tempo, è bloccato sul presente stretto: se gli dici che scarseggerà l'acqua tra o tra... e che le coste potrebbero essere sommerse e non più edificabili in un imprecisato ma prossimo anno tutti seguiteranno a sprecare l'acqua, a contaminare le falde e a bramare, a costo di ladrocinio, di farsi casa sul mare. La desertificazione può pur essere in atto: non arrivano a immaginarsela. Le memorie sembrano essersi assoggettate a indicibili meccanismi di rimozione... L'espressione «il futuro dei nostri figli» è il tonfo di una pera marcia, i cerebri dei padri hanno per loro una stella fissa su laurea-guadagno-casa, figùrati se arrivano a temere i Re della Peste incombenti, le guerre per l'acqua o le religiose-nucleari, non aprono gli occhi se l'evento non è là e già li abbia travolti. Ai nostri compagni terrigeni come ai miei illuminati concittadini, il futuro della specie importa quanto, della strage epidemica, importava a Samuel Pepys, illustre festaiolo londinese, quando la peste infuriava, nel 1665, in tutte le parrocchie di Londra e la sua carrozza inciampava nei cadaveri, mentre lo portava alle cene. Del resto, festa e pestilenza sono congiunzioni classiche: vedi il sublime apologo di Poe, La maschera della Morte Rossa. La FAO è un grande moderno edificio, labirintico di spazi, molti vuoti, e a Roma il clima da effetto serra era, settembrino, privo di torridità - tuttavia gli oratori lanciavano colombe di Risparmio Energetico, castigando gli eccessi di consumi per condizionatori d'aria - tuffati, come ciascuno dei presenti, tutti ormai avvezzi (qualcuno no) a vivere da maggio in poi dentro spaziosi frigoriferi, in una generale refrigerazione del tutto superflua. Per forza, se volete (ma davvero volete?) che l'energia sia risparmiata, dovete strangolare i consumi, impopolarmente: le partite in ore notturne, gli stadi illuminati come sale operatorie, sono uno spreco bestiale! I pubblici uffici, dove per l'intera giornata le luci sono accese dovunque ininterrottamente, nessuno che le spenga, perché non impartirgli dei limiti? E, lungo vie di notte deserte, che cosa vogliono quelle vetrine petulanti di fari, faretti, luci di ribalta, attrarre qualche gatto, qualche vecchio frac alla Modugno? E i monumenti? Ogni misera torricella che si affacci su un'autostrada vuole essere vista dalle auto, investita da lampadamenti da esterni televisivi! E i milioni di insegne da Las Vegas? Perché tutto deve abbagliare, accecare, impedire che atomi di buio s'intrufolino clandestini tra le palpebre maltrattate? In fondo a tutto questo sprecare c'è più superstizione che necessità, ed è in crescendo, impianti impianti impianti... Le luci di Natale, vere nefandezze, perché non le fate sparire, con tutte le loro idiozie di comete? (…)

 

Allora: alleggerendo, per via evidentemente sciamanica, il carico atmosferico e biosferico di CO2, si immetterebbero con giubilo ancor più motori in circolazione per produrne? Un'economia che non sa e non può far altro - senza mai contrarsi - che distruggere vita, se si accorda con quanto la limiterebbe necessariamente, correrebbe meglio al suo scopo finale, che si nasconde?

(…)

 

Tratto da: "Ambiente.Taccuino di un perplesso" di Guido Ceronetti, LA STAMPA, 20 Settembre 2007, prima pagina

Leggi l'articolo completo: http://stampa.ismea.it/PDF/2007/2007-09-20/200709207760960.pdf

Laura Cipollina- IBIOCAT, Divisione Marketing e Commerciale

Nessun commento:

Posta un commento